USCITO IL N. 7 DELLA RIVISTA BIMESTRALE VERBUM PRESS

13 maggio 2021

USCITO IL N. 7 DELLA RIVISTA BIMESTRALE VERBUM PRESS

L’editoriale del direttore Roberto Sciarrone dedicato a Peppino Impastato e Mauro Rostagno

E’ online il numero di maggio della rivista bimestrale Verbum Press, edita dall’associazione culturale internazionale Verbumlandiart. Il numero si apre con un’intervista del direttore Roberto Sciarrone all’artista Gaetano Porcasi, autore della copertina con “Peppino Impastato, Mauro Rostagno per la libertà d’informazione”, opera esposta a Corleone nella casa confiscata al boss Bernardo Provenzano, dove è nato il museo “Laboratorio della legalità”. Cover scelta non a caso vista la ricorrenza del 43° anniversario dell’assassinio del giornalista Peppino Impastato, una delle voci siciliane più libere e coraggiose contro la mafia, ammazzato dai sicari del boss Gaetano Badalamenti il 9 maggio 1978. Questo numero conta ben 148 pagine di contributi a cura di 46 autori prestigiosi! Interviste speciali e approfondimenti legati all’attualità, divisi per aree tematiche: Cultura, Società, Comunicazione, Libri. Grazie al grande lavoro di tutta la redazione e al progetto grafico curato da Gianfranco Danieli, anche questo un numero è da incorniciare. Sull’home page del sito verbumpress.it si può leggere il numero corrente e vi si trovano tutti i numeri precedenti. Qui di seguito l’editoriale del numero 7 della rivista, che sotto l’immagine di copertina reca il titolo FREEDOM.

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I sognatori non muoiono mai. Mauro Rostagno e Peppino Impastato nell’opera di Gaetano Porcasi

di Roberto Sciarrone

Gaetano Porcasi, artista di Partinico in provincia di Palermo, la sua arte non è mai retorica, ma comunicazione semplice, immediatamente percepibile, divulgativa che mira a rendere condivisi il rispetto, la riconoscenza e l’esaltazione eroica dei leader politici e sindacali protagonisti di battaglie sociali e, contemporaneamente, l’orrore ed il disprezzo per la violenza, la barbarie e la contiguità verso la criminalità organizzata, la cultura dell’illecito e del malaffare. Com’è nata la voglia di riportare su tela parte della storia turbolenta della sua regione?

Fin da ragazzo, di tanto in tanto, sentivo parlare di mafia e ricordo che provavo fastidio nel sentire parlare di violenza, di intimidazioni, di aggressioni e, qualche volta, anche di omicidi. Ritengo che nella vita di tutti ci siano fatti che colpiscono e che lasciano il segno. Per me, uno degli eventi più significativi della mia vita fu l’incontro col capitano dei Carabinieri, Mario D’aleo. Frequentavo l’Istituto d’arte di Monreale e lui veniva spesso a scuola a trovare il mio preside con cui era legato da un rapporto di stretta amicizia. Io guardavo quell’uomo in divisa e rimanevo affascinato a guardarlo: tanti pensieri passavano per la mia mente. Forse il suo lavoro in una terra così disastrata non doveva essere molto semplice, ma sicuramente era prezioso per tutti perché garantiva un minimo di legalità e di equilibrio. Toccai il cielo con un dito quando un giorno il capitano D’aleo si avvicino a me che lo guardavo con ammirazione e mi chiese: cosa vuoi fare da grande al termine dei tuoi studi? Risposi che mi sarebbe piaciuto continuare a studiare arte e frequentare l’Accademia delle Belle Arti. Non lo vidi più! In seguito seppi che era stato ucciso in un agguato mafioso.

Fin dalle scuole medie facevo parte di un gruppo di lavoro che confezionava un giornale. A me piaceva disegnare storie di mafia e immaginare le scene in cui si erano svolti eventi delittuosi. Finiti gli studi andai ad insegnare in Sardegna. Furono anni terribili segnati da una serie di omicidi eccellenti. Nel 1992 vennero uccisi Falcone e Borsellino. Le stragi di mafia sembrarono toccare il culmine dell’onnipotenza. Era un susseguirsi di atti criminosi senza che nessuno riuscisse a porvi rimedio. Forse, fu in quel periodo che cominciai a maturare l’idea che bisognava fare qualcosa. La violenza, la prepotenza, il delirio che esprimevano tanti personaggi di malaffare mi dava fastidio e mi provocava un senso di ribellione. Ma io non avevo né mezzi né ruoli per potere fare qualcosa. Io sapevo solo dipingere. In Sardegna alcuni murales di denuncia mi fornirono l’idea giusta per fare la mia parte. Approfondii e studiai la pittura russa e quella messicana che avevano aperto il filone significativo della pittura di denuncia e di stimolo a segnalare i mali sociali alle masse per far sentire la necessità di rimuoverli e superarli. Credo di avere reso omaggio e additato alle masse tutte le vittime innocenti colpite dalla mafia, le lacrime versate da figli e mogli a cui è stato soppresso il loro caro. Uno spazio particolare hanno avuto le stragi di Falcone e Borsellino. A poco a poco mi sono reso conto di avere un seguito: tanti mi conoscono, spesso mi chiamano a realizzare mostre su temi specifici, credo che la mia pittura incida nella didattica finalizzata a promuovere legalità, a ricordare gli eroi simboli del nostro tempo. In un periodo in cui valori e modelli di vita corretti diventano sempre più rari, la memoria di personaggi modello della storia fornisce un contributo etico di grande rilevanza. Quando ho iniziato non mi sarei mai aspettato che la mia potesse diventare una pittura nazionale, una bandiera forte, un tricolore sporco di sangue. Oggi posso dire che davvero ero inconsapevole di tutto quello che sarebbe diventato.

Quali i punti riferimento?

I miei punti di riferimento sono stati sempre la Polizia ed i Carabinieri che mi hanno da sempre considerato un prezioso collaboratore con i pennelli. Ho fatto mostre ovunque in qualsiasi angolo dell’Italia, ho incontrato tantissimi studenti, ho pubblicato parecchi libri, ho collaborato con tanti storici. Vi posso dire che più studiavo più mi rendevo conto che quello che facciamo è sempre poco, anzi nulla, perché il lavoro da fare è tantissimo. Spesso ho avuto negata la possibilità di esporre le mie opere anche da parte della politica apparentemente anti-mafiosa ma, in realtà, corrotta. Perfino una certa antimafia di facciata ha cercato di tagliarmi le gambe perché davo fastidio. Alla fine, l’antimafia è diventata per qualcuno un palcoscenico su cui recitare e mostrarsi quello che non si è. Ricordo che un mio dipinto dal titolo il giocattolo dell’antimafia ha destato scomposte reazioni e hanno cercato perfino di distruggermi mediaticamente definendomi pittore da strapazzo.

Mauro Rostagno e Peppino Impastato, due giovani vittime cadute nella lotta contro la mafia. Due simboli generati da mondi diversi e lontani, il Piemonte e la Sicilia, ma un unico comune percorso di vita e un unico ideale, quello generato dall’aspirazione a ripulire il mondo dalle forze del male, dalla sopraffazione, dalla illegalità, dal malaffare, dai condizionamenti sociali, dalle imposizioni di un sistema malavitoso di prepotenza, di violenza e d’ingiustizia, ha dichiarato. La cover di questo numero è impreziosita proprio dal suo olio su tela, magnetico e ricco di significati, che oggi si trova nella casa confiscata al boss Bernardo Provenzano, dove è nato il museo “Laboratorio della legalità” con circa 63 opere. Cosa raccontano queste opere e cosa rappresenta questo museo nel territorio di Corleone?

Sono tele che ritraggono e narrano la storia dei morti di mafia, dai sindacalisti alle vittime innocenti uccise perché avevano visto o perché erano stata confuse con altre. Le tele mettono in mostra la crudeltà e l’efferatezza di operazioni disumane e scellerate che non tengono conto della vita, dei sentimenti, dei valoro, ma solo le necessità di un potere balordo e belluino. Di certo la pittura antimafia esiste, a Corleone sono riuscito a fare nascere un museo con 63 opere esposte nella casa confiscata al super boss Provenzano, dando vita a quello che è denominato Laboratorio della legalità. A Spello in Umbria è stata allestita un’altra pinacoteca. Nella casa di Paolo Borsellino sono presenti alcune mie tele, altre sono esposte presso la Scuola di alta formazione per prefetti al Ministero degli Interni. Quando è stato catturato Provenzano ho realizzato una trilogia, opere ad olio su tela che ho donato alla Questura di Palermo. Altre tele si trovano presso il comando carabinieri di Monreale in memoria dei capitani uccisi. Con orgoglio posso dire che le mie tele sono esposte anche presso il Museo nazionale dell’Arma dei Carabinieri di Roma. Insomma una continua battaglia portata avanti con i pennelli, mettendoci la faccia contro l’inquinamento in Sicilia. Sono stato in giro per l’Italia, raccontando le mie esperienze.

Chi erano Mauro Rostagno e Peppino Impastato?

Due eroici sognatori che hanno pagato con la vita l’aspirazione ad un mondo più giusto e rispettoso della dignità degli uomini. Due indomabili lottatori che non si sono fermati davanti allo strapotere di un sistema marcio e colluso. Due eroi che hanno immolato le loro vite nella realizzazione di un sogno.

Porcasi, dal punto di vista artistico, come ha voluto celebrare Mauro Rostagno e Peppino Impastato?

Li ho raffigurati in un’unica tela in cui, oltre agli eroi simboli, spiccano alcuni significativi dettagli. In primo piano Peppino, raffigurato in una postura pensierosa e preoccupata, quasi a voler significare una certa delusione verso chi non si ribella e rimane passivo di fronte alle ingiustizie quotidiane o verso chi specula sul sacrificio dei giusti per finalità di bottega. In alto, campeggia il volto di Mauro Rostagno con un contorno di simboli dei luoghi e dell’attività svolta: i mulini delle saline di Nubia, simbolo di Trapani, la telecamera che ricorda il suo ruolo di giornalista e la dicitura “abbiamo trasmesso” quasi a ricordare le modalità con cui si è chiusa la vita dei due giovani eroi. Al centro del dipinto ci sono poi due elementi che rappresentano con semplicità e chiarezza il mio punto di vista: il bambino con la bandiera bianca che attraversa il campo di grano e la bandiera italiana. Il bambino e la bandiera bianca esprimono senza mezzi termini l’aspirazione alla pace, alla vita semplice e al compimento dei cicli della natura. La bandiera italiana palesa l’aspirazione a vedere affermati i principi scolpiti nella Costituzione e l’applicazione della legge, unica condizione per creare un mondo di giustizia e di pace.

Secondo Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ho avuto modo di intervistare pochi mesi dopo l’arrivo della pandemia, le associazioni a delinquere di stampo mafioso stanno traendo molti vantaggi dall’emergenza Covid-19, la crisi economica che sta colpendo il Paese è una ghiotta occasione di illecito arricchimento per le mafie. Cosa ne pensa al riguardo? Vede oggi in Sicilia e nel nostro Paese figure così carismatiche come quella di Mauro Rostagno e Peppino Impastato?

Negli ultimi anni il campo dell’impegno civile va diventando sempre più sparuto. Forse per l’impossibilità di potere incidere o di potere raggiungere un qualche risultato. Per fortuna, c’è una buona rappresentanza di militanti storici che portano avanti le loro battaglie con serietà ed impegno. Credo che con il cattivo esempio delle Istituzioni, con la Giustizia allo sfascio, con la corruzione e gli egoismi trionfanti, ci si possa sentire troppo soli per combattere contro le porcherie del nostro tempo.

* direttore responsabile di Verbum Presshttps://www.verbumpress.it/…/i-sognatori-non-muoiono…/

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