di Francesco Lenoci
Docente Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
Sono felice di tornare a parlare all’Alexander Museum Palace Hotel di Pesaro, oggi 17 maggio 2024, in occasione della prima edizione de “Il Festival del Buon Esempio”.
Il tema del buon esempio riflette l’urgenza e l’importanza di adottare approcci positivi e innovativi per affrontare le sfide globali, quali: il cambiamento climatico, la pace nel mondo, l’ineguaglianza sociale e la povertà.
Si tratta di una straordinaria occasione di incontro tra domanda e offerta di idee, ispirazioni e connessioni tra scrittori, poeti, artisti, esperti, attivisti e leader d’opinione provenienti da tutto il mondo. Grazie Regina Resta, Grazie Nani Marcucci Pinoli.
L’ultima volta che ho parlato in questo stupefacente luogo era il 22 aprile 2022: per il combinarsi delle combinazioni, era la giornata mondiale della terra. Pesaro era già stata nominata Capitale Italiana della Cultura 2024 e allora era Capitale Italiana dei Giovani 2022.
Le persone si dividono in due categorie: giovani e non giovani.
Giovani….secondo don Tonino Bello si è giovani non sulla base del numero di anni che si è vissuto, ma sulla base del saper coltivare degli ideali per i quali valga la spesa battersi…….Qui siamo tutti giovani!
Tra questi ideali c’è sicuramente la bellezza, c’è sicuramente l’arte.
Tra questi ideali c’è sicuramente la salvaguardia del creato, la salvaguardia della terra, deturpata dagli inquinamenti, invecchiata dalle nostre manipolazioni, violentata dalle nostre ingordigie.
Ebbene, lo sviluppo può essere: sostenibile o non sostenibile.
Scopo dello sviluppo sostenibile è di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione, senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i propri bisogni. Una delle sfide centrali dello sviluppo sostenibile è la richiesta di scelte nuove e innovative e di un diverso modo di pensare.
È incredibile a dirsi ma fino a poco tempo fa’, dopo vari secoli di ignavia, lo sviluppo è stato non sostenibile, in quanto basato su un processo che prevedeva quattro fasi: Estrarre-Produrre-Usare-Gettare.
Si trattava, ovviamente, di un processo contro-natura…la natura non funziona così….la natura funziona secondo un modello ciclico per cui le risorse che nascono, crescono e muoiono ritornano alla terra come nuove risorse per rigenerarsi a nuova vita.
Il primo al mondo che ha avuto ben chiari questi concetti è stato, otto secoli fa, San Francesco d’Assisi.
Francesco aveva un profondo rispetto e amore per la natura:
- l’amore di Francesco per l’acqua diviene invito a non inquinare uno dei beni più preziosi della vita;
- il monito di Francesco rivolto al frate a non recidere del tutto i rami dell’albero nel momento della raccolta della legna implica il rispetto per i frutti della natura e dei tempi della potatura;
- l’invito di Francesco all’ortolano a lasciare libera una parte della terra lavorata rispetta i tempi di coltivazione e di maggese[1].
Uno dei suoi discepoli prediletti, don Tonino Bello, l’ha seguito anche su quel percorso, urlando: “La terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri: l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli. Se l’abbiamo presa in prestito occorre restituirla….per restituirla migliorata non basta più enunciare la Speranza, ma occorre organizzarla”.
Ripeto, è incredibile, oserei dire è imbarazzante a dirsi, ma purtroppo tanti Paesi non hanno ancora ben compreso che occorre cambiare processo, che occorre passare dall’economia lineare all’economia circolare.
In estrema sintesi, l’economia circolare prevede:
- la progettazione di un prodotto in maniera tale da poter essere riparato;
- l’allungamento del ciclo di vita di ogni prodotto;
- la riduzione dell’utilizzo delle risorse primarie disponibili in natura;
- la condivisione dei servizi;
- il riciclo degli scarti;
- la riduzione, fino all’azzeramento, dei rifiuti;
- la riduzione, fino all’azzeramento, degli sprechi.
Riduzione degli sprechi …. Come faccio a parlarne….potrei farlo in maniera tecnica….ma non è il caso….lo faccio raccontando una fiaba.
Una contadina portava l’acqua dal pozzo a casa servendosi di due secchi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulla schiena. Uno dei secchi aveva un buchino, mentre l’altro era perfetto. Il primo perdeva lungo il tragitto la metà dell’acqua; il secondo neanche una goccia. Il primo secchio si vergognava del proprio difetto; il secondo secchio era orgoglioso dei suoi risultati.
Un giorno, non si sa come non si sa perché, il primo secchio si fece forza e ne parlò con la contadina.
Le disse: “Ti sei accorta che perdo la metà dell’acqua lungo il tragitto?”
Rispose la contadina: “Ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero e non dall’altra parte? Avendo sempre saputo del tuo difetto, ho piantato dei semi di fiori dalla tua parte del sentiero e tu li hai sempre annaffiati. E quei fiori, bellissimi, li ho portati a casa, rendendola molto più accogliente”.
È questa la straordinaria valenza del buon esempio, strada maestra affinché l’umanità abbia un futuro, affinché i nostri figli abbiano la possibilità di vivere una vita degna di essere vissuta.
[1] Cfr. Enzo Fortunato, “Vado da Francesco”, Mondadori, 2013, pagg. 166-167.